mercoledì 16 maggio 2007

PAGINA INIZIALE



Informazioni, curiosità ed altro ancora sulla
coltivazione del ciliegio in provincia di Verona


Ricordo di un amico e maestro: prof. GIORGIO BARGIONI


Sono già trascorsi alcuni mesi dalla scomparsa del prof. Giorgio Bargioni e non posso non associarmi a tutti coloro che hanno avuto modo di conoscerlo, apprezzandone la grande umanità e disponibilità.
Innumerevoli sono state le occasioni durante le quali ho avuto modo di approfittare dei suoi insegnamenti e delle cariche d'entusiasmo che mi trasferiva. Devo a lui la mia passione per il ciliegio ed in questo blog ho cercato di trasferire, immeritatamente, parte di ciò che ho appreso da lui.
Una sintesi della sua vita e delle opere pubblicate le potete trovare qui e qui

Introduzione

La necessità di fornire informazioni quanto più dettagliate circa la conduzione del ciliegeto, è emersa durante la mia attività di formazione ed informazione, in campo agricolo, negli ultimi 25 anni.
Lo strumento "blog" è molto recente, quindi è solo da poco che mi sto cimentando in questa sorta di "formazione a distanza", che ha sostituito il mio vecchio sito, non più rispondente alle necessitòà degli agricoltori. Qui, infatti, è possibile "postare", ossia interloquire con il sottoscritto e con tutti coloro che vorranno partecipare alle discussioni relative alla materia e, perché no (moderatamente), su vari argomenti di agricoltura (viticoltura, olivicoltura, ecc.). Per far ciò sarà sufficiente entrare nella sezione "Commenti del pubblico".

E', quindi, dalla mia passione per questi argomenti che mi sono deciso a confrontarmi con tutti coloro che sono interessati alla coltivazione del ciliegio e di altre colture collinari.
Restate dunque in attesa di nuovi argomenti, o sollecitatemi all'approfondimento di quelli che ancora non compaiono.

Ringraziandovi fin d'ora dell'interessamento auguro a tutti un buon lavoro.

N.B. Chiunque richieda info, è pregato di scrivere una mail (vedi profilo a destra). Grazie

lunedì 14 maggio 2007

LE PATOLOGIE

In questa sezione verranno descritte le patologie del Ciliegio con particolare attenzione alla sintomatologia; tuttavia, se sarà possibile, non mancheranno informazioni utili sulla profilassi e terapia.

In generale tratterò delle principali crittogame, degli insetti, delle fisiopatie, nonché di altri aspetti patologici del ciliegio che, occasionalmente e localmente possono provocare alterazioni più o meno gravi alle piante o alla produzione (moria, cracking, scottature, ecc.)


Le Crittogame

Gli Insetti

Le Fisiopatie

LE Le Virosi

domenica 13 maggio 2007

1 - Crittogame

Il Corineo

La Monilia

Il Corineo



Malattia fungina il cui agente eziologico è il Coryneum beijerinckii (Oudem) (o Stigmina carpophyla (Lév.) M.B. Ellis).
Colpisce numerose drupacee ed in modo grave il Ciliegio, l'Albicocco, il Pesco ed il Mandorlo.
I sintomi sono visibili su foglie, rametti e frutti. L'aspetto è aspecifico in quanto del tutto simile ad alterazioni di altra origine. In particolare sulle foglie si notano chiazze rosse, tendenti al viola, che con il tempo si allargano ed il tessuto interessato si dissecca e si stacca, lasciando un forellino. Di qui il nome dato alla patologia: "impallinatura".
Confusioni possibili: l'Antracnosi determina la comparsa di tacche rossastre del tutto simili a quella prodotte dal Corineo, ma non seguite da "impallinatura". Anche l'attacco del batterio Pseudomonas mors-prunorum crea pustole sui frutti, similmente al Corineo, così come il Ring Spot Virus.
I danni sono talvolta molto gravi: dal grave danneggiamento fogliare (senza caduta anticipata, salvo casi eccezionali), alla precoce cascola o al totale deprezzamento dei frutti colpiti.
Il fungo predilige le condizioni climatiche tipicamente primaverili, con basse temperature (opt. 15° C) ed elevata umidità, grazie alla quale gli organuli di propagazione (conidi) germinano e permettono al fungo, in presenza di un velo d'acqua, la perforazione della cuticola fogliare.

DIFESA:

Va subito detto che questo fungo è difficile da debellare, quindi la prevenzione è di estrema importanza!

la profilassi prevede:

  • adottare cultivar resistenti

  • creare impianti in ambienti adatti e non umidi

  • limitare le concimazioni azotate

  • limitare gli interventi irrigui, soprattutto soprachioma

  • Asportazione mediante potatura della vegetazione danneggiata nela precedente primavera


la difesa chimica prevede: (Disciplinare Difesa Integrata - Reg. del Veneto 2012)

  • Poltiglia Bordolese (prodotti vari)

  • Ossicloruro di Rame (prodotti vari)

  • Idrossido di Rame (prodotti vari)

  • Thiram, Ziram (es. DIZIRAM 76 WG, TRISCABOL DG, CRITTAM WG)1
  • Captano1

1 Massimo due interventi l'anno in alternativa tra loro.

La Monilia



In realtà dovremmo parlare di Monilie, dato che più d'uno sono i funghi che determinano la Moniliosi. I funghi responsabili sono sostanzialmente due: la Monilia laxa Ehrenb. e la Monilia fructigena Pers.
La prima interessa i fiori e, alle volte, anche i giovani rametti, mentre la seconda i fiori ed i frutti.
La patogenicità è spesso dipendente dalla sensibilità varietale, così, ad es. le visciole, le cultivar Van, Sunburst, Lapins, ecc., sono più facilmente colpite.
Anche in questo caso, come detto per il Corineo, le condizioni atmosferiche sono fondamentali per lo sviljuppo delle Monilie. Ad esempio, temperature elevate, alta umidità ambientale e piovosità insistente, favoriscono decisamento lo sviluppo e la propagazione dell'infezione.
Di norma la Monilia non desta eccessive preoccupazioni, ma talvolta si presenta talmente virulenta da distruggere l'intera produzione.
La difesa, quindi, dovrà innanzitutto basarsi sull'analisi dei parametri ambientali, sulla valutazione della fase fenologica, nonché sull'evoluzione epidemiologica. In pratica verificare che le condizioni climatiche siano favorevoli o meno all'infezione (temperatura elevata, alta umidità ambientale, piovosità insistente), verificare lo stadio fenologico (fioritura e invaiatura) e la sua suscettibilità alla contrazione della malattia (precedenti attacchi, presenza di mummie) e la verifica della diffusione del patogeno nell'area interessata.

Sintomatologia:
Il primo attacco sui fiori si nota dapprima con sparsi disseccamenti fiorali, del pistillo e/o del peduncolo; in seguito, con l'aggravarsi dell'infezione, numerosi fiori vengono coinvolti, disseccandosi e rivestendosi di una caratteristica muffa, di color marroncino chiaro, che li accorpa e li incolla.
Sui frutti, invece, si possono notare, all'inizio, aree bruno-chiare, deboli al tatto, quindi, con il trascorrere del tempo, piccole aree ammuffite, soprattutto là dove il frutto si è rotto ed ha lasciato fuoriuscire del liquido zuccherino. Sono le varietà autofertili a subire i maggiori danni, in quanto il contagio avviene per contatto diretto tra una drupa colpita e quella direttamente a contatto.
A seguito di gravi attacchi si notano gruppi di frutti completamente avvolti dalla muffa che li incolla e nel tempo li secca, lasciandoli sulla pianta anche per tutto l'inverno successivo (mummie).

DIFESA:

La scelta varietale oculata, l'uso parsimonioso dei fertilizzanti azotati, l'apporto idrico moderato, la potatura di produzione e di risanamento, sono aspetti di prevenzione importanti.

La Difesa chimica prevede l'utilizzo di prodotti specifici in pre-fioritura, se le condizioni meteorologiche sono particolarmente favorevoli ai funghi, quindi piovosità persistente, temperature miti, cv. sensibili; in post-fioritura, in caso di umidità elevata e piovosità; in pre-invaiatura, su varietà sensibili e con piovosità.

I fungicidi di maggior impiego sono: (disciplinare Reg. del Veneto 2012)



  • Bacillus subtilis (difesa biologica)

  • Iprodione (es. Rovral FL)

  • Fenexamid (es. Teldor Plus SE, Teldor WG)

  • Fenbuconazolo (es. Indar 5 EW, Simitar 5 EW)

  • Propiconazolo (es. Tilt EC)

  • Tebuconazolo (es. Folicur SE o WG)

  • Bitertanolo (es. Proclaim)

  • Boscalid+Pyraclostrobin (es. Signum)

  • Cyprodinil + Fludioxonil (es. Switch)

sabato 12 maggio 2007

2 - Insetti

In questa sezione tratterò degli insetti che maggiormente preoccupano il cerasicoltore. Alcuni insetti, pur conosciuti, quali le tignolette (Archips, Cheimatobia, ecc.) non vengono per ora trattati in quanto secondari e solo localmente dannosi.

Gli insetti di maggior interesse sono i seguenti:

Il Rodilegno rosso

Il Rodilegno rosso (Cossus cossus L.) è un lepidottero (farfalla) xilofago (mangiatore di legno). Allo stadio adulto raggiunge un'apertura alare di 70-90 mm ed allo stadio larvale, fino a 10 cm. Specie ubiquitaria, vive a spese di numerose piante arboree, sia coltivate, sia selvatiche. Le femmine adulte depositano (verso la metà di giugno), a gruppi di 10-40 elementi, fino ad 800 uova, dalle quali emergeranno (dopo una decina di giorni) le giovani larve che inizieranno ben presto ad erodere la corteccia, normalmente alla base del tronco, ma anche alla base delle grosse branche. L'erosione determina gravi danni a carico del tessuto floematico (del libro) e xilematico (del legno), ostacolando la normale circolazione linfatica, provocando un generale deperimento delle piante o di loro parti. Talvolta si può assistere anche alla rottura di rami o allo scosciamento dell'intera pianta. La vita larvale si prolunga fino al terzo anno dalla deposizione delle uova. Verso maggio emergono gli adulti dopo una fase di incrisalidamento durata circa 20-35 giorni.

La lotta
Le difficoltà di conteniumento degli attacchi e dei relativi danni sono notevoli. Infatti, una volta che le giovani larve sono penetrate nel legno è difficile snidarle ed eliminarle. Vari tentativi di utilizzare agrofarmaci più o meno specifici, non ha portato a risultati apprezzabili.


La difesa dovrebbe tendere più alla profilassi. Si suggerisce quindi di:

  • Mantenere le piante in buone condizioni vegetative (el'levata circolazione linfatica ostacola lo sviluppo larvale)

  • Tenere ben pulita dalle erbe l'area basale del tronco (per individuare rapidamente le rosure

  • Trattare la base del tronco con sostanze chimiche (olio bianco attivato) prima dell'ovideposizione

  • Rispettare l'ambiente permettere ai predatori (uccelli, pipistrelli) di eliminare il più possibile gli adulti

  • Potare le parti di pianta danneggiate

  • Intervenire con trappole per la cattura massale degli adulti (applicandone in numero adeguato su ampie superfici comprensoriali



La cattura massale prevede la collocazione negli impianti arborei di un certo numero di grosse trappole-gabbia (Mastrap L) (da 6 a 10 per ettaro) al fine di eliminare i maschi ed ottenere quindi una graduale riduzione della popolazione dell’insetto nell’intero comprensorio.

Questa strategia di difesa è già attuata in molte realtà frutticole italiane e sta fornendo buoni risultati; di contro, il costo di applicazione è alquanto elevato (circa 300-400 euro/ettaro).
Per quanto concerne, invece, la lotta biologica sono da registrare i buoni risultati ottenuti impiegando sospensioni di nemotodi Neoaplectana (Steinernema) carpocapsae e Neoaplectana feltiae; questi, spruzzati con appositi strumenti nelle gallerie o semplicemente messi in batuffoli di cotone ai margini delle stesse, sono in grado di ricercare attivamente le larve xilofaghe ed aggredirle.
Per informazioni prodotti vedi qui

Per ulteriori approfondimenti e immagini, visita questa pagina

La Mosca

La Mosca del Ciliegio (Rhagoletis cerasi L.) è un dittero della famiglia dei Tephritidae (ex Tripetidae) che vive a carico del ciliegio, ma anche a spese di Lonicera. Sulle ciliegie deposita le proprie uova, deprezzandone il valore commerciale.

Gli adulti sono presenti già ad aprile e si nutrono di succhi zuccherini gementi dalle piante. Sono insetti poco mobili e difficilmente si allontanano dalle piante sotto le quali è avvenuto l'impupamento.
Non appena le drupe sono pronte (inizio invaiatura - ciliegie appena gialline) e la temperatura raggiunge i 18 °C, inizia la deposizione delle uova, una cinquantina, di norma una per frutto.
Dopo circa tre settimane le larve mature scono dal frutto e si impupano nel terreno e lì rimangono fino alla primavera successiva (alcune possono emergere l'anno successivo).

I frutti colpiti non sono accettati dal consumatore, per tanto sarà cura del cerasicoltore ricorrere alla difesa chimica mediante l'impiego di agrofarmaci adeguati. Per un calendario aggiornato di Difesa Fitosanitaria e prodotti ammessi sul Ciliegio, manda una e-mail di richiesta (neottia-chiocciola-alice.it).

Nelle zone dove la pressione infestante è ragguardevole, cosa che oggidì avviene ormai ovunque - dato l'alto tasso di abbandono dei vecchi impianti), conviene intervenire. La recente normativa non ammette una gran parte di prodotti che fino a poco tempo fa erano ampiamente utilizzati contro questo dittero tefritide. Ad oggi i prodotti più comunemente consigliati sono quelli a base di Phosmet (es. Aster 200EC, Spada, ecc.), di Thiametoxan (es. Actara, Cruiser 25WG, ecc.).
N.B. E' di estrema importanza intervenire in pre-invaiatura, ossia quando le ciliegie hanno già raggiunto la massima dimensione, ma ancora di color verde, in procinto di virare al giallino!

Osservazioni: in alcuni Disciplinari vengono consigliati anche prodotti piretroidi (es. Etofenprox, Deltametrina, Cipermetrina, ecc.). E' bene ricordare che tali prodotti hanno anche un'azione secondaria acaricida; quindi, in prossimità di colture altamente sensibili agli acari tetranichidi (giallo e rosso), come la vite, sarà opportuno prestare molta attenzione nell'uso di questi prodotti che potrebbero innescare un attacco di difficile soluzione.

Prodotti chimici ammessi (Disciplinare Reg. Veneto 2012):

  • Beauveria bassiana (difesa biologica)

  • Etofenprox (es. TREBON, SCATTER)

  • Thiametoxam (es. ACTARA 25 WG)


Un interessante documento, datato 2013, circa la lotta contro la mosca può essere scaricato qui



Danni su drupe


Adulto



Pupe nel terreno


L'Afide nero

L'Afide nero del Ciliegio (Myzus cerasi F.) è noto anche come pidocchio del Ciliegio.
Vive a carico anche di piante infestanti dei generi Galium, Asperula, Euphrasia e Veronica, sulle quali termina il ciclo biologico.
L'inverno viene trascorso sottoforma di uovo durevole posto dalle femmine tra le screpolature della corteccia o delle perule delle gemme. I giovani nati in primavera si portano sui germogli dai quali traggono nutrimento suggendone la linfa. I sintomi dell'attacco sono: accartocciamento fogliare, emissione di melata (attraverso i sifoni che si trovano sul dorso), comparsa di fumaggini (funghi saprofiti) che imbruniscono la vegetazione.

La difesa è d'obbligo, soprattutto per le giovani piante che sono più facilmente aggredite, data la maggior vigoria e abbondanza di nuova vegetazione.
Di norma si consigliano due trattamenti: uno in pre-fioritura con prodotti a base di Tau-fluvalinate (Klartan o Mavrik) ed uno in post-fioritura con prodotti a base di Imidacloprid (Confidor).

Un ruolo interessante, ma poco importante per la lotta agli afidi, è la presenza di formiche, le quali trasportano gli afidi da un luogo all'altro favorendone la dispersione, per sfruttarne l'emissione di melata, della quale vanno ghiotte.

Nota informativa
I neonicotinoidi sono una classe di insetticidi la cui introduzione in Italia risale a poco più di una decina di anni fa. I prodotti a base di neonicotinoidi sono altamente sistemici, quindi prontamente assorbiti dai tessuti vegetali e traslocati nei giovani germogli in fase di crescita, tanto da proteggere la pianta a lungo. Accanto a queste caratteristiche positive i neonicotinoidi nascondono un aspetto negativo, essi infatti non sono selettivi e possono risultare altamente tossici per gli insetti pronubi.
Principi attivi di cui è consentito l’impiego: (Disciplinare Reg. del Veneto 2012)
  • Imidacloprid (es. CONFIDOR 200 SL, CONFIDOR O-TEC, KOHINOR)1
  • Acetamiprid (es. Epik)1
  • Thiamethoxam (es. Actara)1
  • Pirimicarb (es. PIRIMOR 17,5)
  • Fluvalinate (es. Klartan 20 EW, Mavrik 20 EW)1
  • Thiametoxam (es. Actara 25 WG)


1 Recentemente, sia all’estero, sia in Italia i neonicotinoidi (i prodotti sopra elencati) sono diventati oggetto di attenzione da parte delle associazioni di apicoltori perché ritenuti responsabili di gravi danni alle api. (http://www.regione.vda.it/gestione/riviweb/templates/aspx/informatore.aspx?pkArt=95)

N.B. E' fondamentale intevenire a fine scamiciatura, prestando attenzione all'assenza di alveari nella zona.





Danni du germogli



Afidi


venerdì 11 maggio 2007

3 - Fisiopatie

La Gommosi

Il Cracking

Le Scottature

La Gommosi



L'inclusione della "gommosi" tra le fisiopatie non è propriamente corretta, dato che questa manifestazione sintomatologica è atipica, appartenente cioè a diverse cause, anche di origine parassitaria. Questa scelta è suggerita dal fatto che le manifestazioni più importanti, di emissioni più copiose, sono dovute a cause non dipendenti da agenti patogeni.
Va anche ricordato che non sempre le emissioni gommose sono da imputare ad anormalità morfo-fisiologiche della pianta, ma che possono essere un normale prodotto del suo metabolismo.

Prima di eporre le cause della gommosi, ritengo doveroso dire che l'emissione di "gomma" dipende anche da attacchi parassitari, quali: il corineo, il punteruolo (Scolitus rugulosus Ratz) e la sclerotinia.

E' bene precisare che si parla di "gommosi", in senso patologico, solo allorquando i danneggiamenti a carico del tessuto legnoso, di varia origine, sono notevoli e le emissioni gommose abbondanti.
Tali emissioni possono essere considerate un meccanismo necessario per ridurre o inibire attacchi parassitari ad opera di patogeni da ferita, o da possibili disidratazioni del tessuto legnoso danneggiato, o ancora, per contrastare lesioni interne che non manifestano, in modo palese, danni esterni.
La formazione dalla gomma è da ricercare nella degenerazione di sostanze proteiche del citoplasma e glucidiche della parete cellulare. Queste sostanze portano alla formazione di componenti capaci di promuovere i primi processi di riparazione dei tessuti danneggiati.
Quando i lumi dei vasi linfatici circostanti il tessuto danneggiato o quando le cavità formatesi al suo interno sono totalmente riempiti di gomma, la pressione interna spinge all'esterno la massa gommosa che, al contatto con l'aria, imbrunisce e solidifica.

Gli interventi tendenti ad impedire o almeno a ridurre la formazione di gomma sono pochi, ma sostanziali. Di seguito ne elenchiamo i più importanti:
  • controllare la crescita rapida delle piante, riducendo le concimazioni e gli apporti idrici;
  • evitare ristagni idrici e, all'opposto, gravi carenze idriche;
  • evitare danneggiamenti meccanici al tronco o alle branche ad opera dei mezzi meccanici, ma anche da rosure di animali;
  • regolare le potature non eccedendo nei tagli, soprattutto durante l'estate, per evitare facili scottature;
  • incidere longitudinalmente e debolmente la corteccia del tronco e delle branche delle giovani piante, per evitare che la rapida crescita determini la spaccatura violenta e improvvisa della medesima e dei tessuti legnosi sottostanti.
Quando la gomma è già comparsa è bene asportarla con semplici lavaggi con acqua, pulire la ferita con sgorbie affilate fino ad incontrare il tessuto legnoso sano, quindi, disinfettare con appositi mastici cicatrizzanti che si trovano in commercio.

giovedì 10 maggio 2007

Il Cracking


Il fenomeno del "cracking", ossia della spaccatura del frutto, è alquanto complesso e dipendente da fattori d'ordine genetico, fisiologico, climatico ed agronomico.
Il grado e la forma delle fenditure che si manifestano sul frutto possono essere: pistillari, attorno al punto d'attacco dello stilo, le più frequenti (la cv. Van ad esempio soffre di questa tipologia); radiali, dovute ad abbondanti piogge e dalla sensibilità varietale (ad es. le ciliegie "bianche", le canadesi e californiane), che portano a fenditure notevoli, sempli e/o stellate della polpa, danneggiando gravemente il frutti, che vengono esclusi totalmente dal commercio; picciolari, che si rinvengono attorno al picciolo, più o meno estesamente.


I Fattori Climatici

La piovosità è la causa principale che determina lo spacco della drupa. L'acqua, bagnando il frutto, viene assorbita attraverso l'epidermide per osmosi. L'eccessivo rigonfiamento, oltre il punto di resistenza elastica dell'epidermide, determina le caratteristiche fenditure. Su queste, poi, possono insediarsi i marciumi ad opera della Monilia.
L'umidità del terreno, se molto abbondante, può essere causa di spaccature, secondo quanto dimostrato da Yamamoto (1990), anche se non sembra essere un importante fattore determinante il cracking.
La temperatura può essere molto importante per la comparsa del cracking. Il morivo sembra essere collegato all'aumento degli scambi membranosi cellulari.
Anche il vento e l'umidità atmosferica sembra possano determinare spaccature, secondo quanto emerso da esperienze di alcuni ricercatori.


La Sensibilità varietale

Tra le cultivar particolarmente sensibili al cracking si ricordano:
- Early Lory
- Burlat
- Moreau
- Isabella
- Early Star
- Celeste
- New Star
- Cristalina
- Van
- Sonata
- Sunburst
- LaLa Star
- Skeena
- Sweet Heart

E' comune esperienza che le cultivar maggiormente interessate al fenomeno sono quelle a polpa soda e di maggior calibro, mentre non sembra esserci relazione tra spaccature e tenore zuccherino.


Le Condizioni colturali
Il luogo (clima), la densità colturale, la taglia delle piante, l'irrigazione, nonché la fertilizzazione possono influenzare negativamente il manifestarsi del cracking, che agendo sulla pezzatura, aumentandola, rendono il frutto più soggetto al fenomeno.

La gestione del terreno è un fattore importante; i terreni lavorati sembrano favorire il cracking rispetto a quelli inerbiti in quanto, nei primi, viene stimolato l'assorbimento radicale e la crescita rapida dei frutti.

L'irrigazione deve avvenire, quando possibile, in modo continuo e regolare.

La concimazione, soprattutto azotata, dev'essere controllata, mai abbondante.

La Forma d'allevamento

Forme ridotte, aperte, sembrano ridurre l'incidenza delle spaccature. La ventilazione e la relativa evaporazione idrica sembrano contrastare gli spacchi, così come una limitata potatura al verde.


Le Coperture

Le protezioni contro l'acqua piovana sembrano essere, oggi, la soluzione adeguata al problema. Tuttavia, gli elevati costi, la dispersione delle piante, l'irregolarirtà delle superfici, sono dei limiti praticamente insuperabili nella cerasicoltura di collina nel veronese.


Interventi chimici

I trattamenti chimici non hanno dato, finora, risultati eclatanti; tuttavia, nel tempo si sono succeduti sperimenti tra i più svariati, alcuni dei quali un certo risultato lo hanno fornito. Modestamente i sali di Calcio riducono il cracking; sullo stesso piano, o meno, possiamo annoverare gli antitraspiranti; un po' meglio alcuni agrofarmaci (Rotenone), ma molto migliori sembrano essere le Gibberelline (GA3) o combinazioni di GA4 e GA7.
I risultati delle diverse prove sono, comunque, suscettibili di notevole variabilità in funzione della sensibilità varietale, dalle condizioni ambientali, dall'età delle piante, dalla carica produttiva.